Per lungo tempo tra gli appassionati di arti extraeuropee c'è stato dibattito su cosa dovesse e potesse essere definito "arte", tenendo sempre in mente naturalmente che la categoria estetica occidentale è solo applicata ermeneuticamente e, per così dire, posticciamente ad una "essenza" che ha caratteristiche alquanto differenti, e cosa invece fosse da considerare solo "testimonianza" etnografica. Senza entrare più approfonditamente nel merito, anche perché il problema è particolarmente complesso e forse ancora insoluto, dirò qui che per lungo tempo c'è stata una distinzione abbastanza netta, anche in termini economici e collezionistici, tra maschere e statue rituali, considerati oggetti artistici, e oggetti "d'uso", come appoggiatesta, pettini, serrature e altro ancora, che venivano trattati un po' come la serie B (o meno ancora...)
Però negli ultimi anni, e in modo particolare dopo l'uscita nel 2000 del volume di Marc Ginzberg Africa. Arte delle forme, c'è stata una indubbia rivalutazione delle "forme" del quotidiano, effettivamente spessissimo nelle arti africane caricati di evidenti valenze estetiche, anche se a volte si ha un po' la sensazione che in termini di fruizione si sia voluto forse spostare la focalizzazione dal concetto di "arte" a quello di "design".
Poi c'è la via di mezzo, come ebbe occasione di ribadire recentemente in una conferenza pubblica il grande "vecchio" della critica d'arte africana italiana, Ezio Bassani: oggetti d'uso ma con particolari plastici antropomorfi o zoomorfi, considerati forse non della stessa importanza delle figure "di potere" ma quasi.
L'oggetto che presento in questa scheda appartiene a questa schiera ed è una della acquisizioni più recenti della mia collezione. Si tratta di un pettine, dotato di una ottima patina d'uso e dovuta all'età, scolpito in zona Repubblica Democratica del Congo (Congo Kinshasa) sud-ovest al confine con l'Angola dalla popolazione Suku o da quella Holo (in quella area i tratti stilistici si sovrappongono, i villaggi delle due popolazioni sono interpolati e non è di fatto possibile fare sempre una precisa attribuzione etnica.)
Ne sono molto orgoglioso - oltre che piacermi molto per la sua indubbia qualità e per la sua carica estetica - perché proviene da quella che è stata forse la più importante collezione degli ultimi decenni per quanto riguarda i pettini, la William W. Brill collection, esitata in asta a New York il 17 novembre 2006 da Sotheby's (il mio oggetto era il numero 155b, pubblicato a pagina 161 del catalogo). Io l'ho avuto da una piccola e vitale galleria americana, Craig De Lora Tribal arts del New Jersey, da cui ho acquistato numerosi piccoli oggetti nel corso di questi ultimi anni, sempre per corrispondenza telematica supportata da pronte e veloci spedizioni intercontinentali e dal dollaro basso di questi ultimi anni...
E' alto 21 cm. ed è presente nell'archivio dell'Università di Yale di Guy van Rjin al numero 0075000-01.
Bibliografia:
1) Art of the Yaka and Suku
Arthur P. Bourgeois - Chaffin, Meudon, 1984
2) The arts of Zaire. Volume 1 - Southwestern Zaire
Daniel Biebuyck - University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1985
3) Africa. Arte delle forme
Marc Ginzberg - Skira, Ginevra - Milano, 2000
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