giovedì 25 giugno 2009

Kaonde - fischietto
















Alto 11,25 cm, questo fischietto sormontato da una testa umana proviene dalla poco nota popolazione dei Kaonde, che abitano la zona a cavallo tra Zambia e Congo; etnia ancora linguisticamente legata al gruppo Luba-Hemba-Songye, i Kaonde sono invece artisticamente più vicini al gruppo Chokwe (o Tschokwe, come sono chiamati in area francofona) e sottoetnie relative, che oltre all'area già citata si espandono soprattutto in Angola.
La patina e i buchi ottenuti con ferri incandescenti (e non con strumenti a trapano) fanno pensare ad un esemplare risalente almeno alla prima metà del 20° secolo. Il viso raffigurato è semplice ma dotato di buona finezza esecutiva e della classica aura "sognante" che si ritrova anche nelle maschere delle popolazioni sopracitate.
Proviene dalla galleria De Lora del New Jersey (USA).
Bibliografia:
1) Chokwe! Art and Initiation Among Chokwe and related People
Manuel Jordan - Prestel, Munich, London, New York, 1998
2) Sculpture Angolaise. Mémorial de cultures.
Marie-Louis Bastin - Electa / Museu Nacional de Etnologia, Milano / Lisboa, 1994
3) Art Decoratif Tschokwe. La collection Henrique Quirino da Fonseca
Dominique Remondino - Editions D, Geneve, 2002
4) Makishi Lya Zambia
Marc Leo Felix e Manuel Jordan - Verlag Fred Jahn, Munich, 1998
5) Chokwe
Boris Wastiau - 5 Continents Visions of Africa, Milano, 2006

mercoledì 24 giugno 2009

Camerun (Bangwa? Babanki? Bamun? Bamileke?) - flauto




Tra gli strumenti musicali finalizzati ad attività specifiche, in questo caso danze rituali ma anche in spedizioni di guerra o di caccia, spicca questa tipologia di flauto/fischietto delle popolazioni del Camerun. Esso veniva in genere utilizzato in gruppi di tre a riprodurre suoni fortemente ritmati.

Esposto nel modo che si vede nelle foto a lato, rappresenta una figura umana stilizzata, di cui si riconoscono evidentemente le due gambe, ma capovolto - come nella prima foto - rappresenta probabilmente una figura di bovino con le due corna.








Non è possibile definire con certezza la popolazione esatta che ha prodotto questo particolare esemplare ma si può ipotizzare con abbastanza certezza una provenienza dalla regione delle Grasslands e, quindi, forse dai Bangwa o Babanki o qualche altro sottogruppo del ceppo Bamileke o Bamun.
La patina indica una buona antichità ed un lungo uso. La base è stata costruita appositamente dal noto artigiano americano Amyas Naegele. Il pezzo proviene dalla galleria newyorkese di Michael Oliver ed è in seguito stato nella importante collezione di Jean e Noble Endicott. Io l'ho acquistato dalla galleria di Craig De Lora.

Bibliografia:

1) Africa. Arte delle forme.
Marc Ginzberg - Skira, Milano, 2000
2) Kunst in Camerun
Bernhard Gardi - Museum fur Wolkerkunde, Basel, 1994

Dogon - serrature















I Dogon, come anche altre popolazioni della fascia saheliana del Mali (ad esempio i Bamana), utilizzano delle sculture a volte abbastanza complesse, stilizzate, antropomorfe o zoomorfe e comunque sempre con una chiara valenza simbolica, come serrature a chiusura delle porte dei granai o delle abitazioni. Il "corpo" della serratura rappresenta il femminile, mentre il chiavistello di legno che la attraversa è chiaramente simbolo maschile della penetrazione; se l'atto dell'aprire si apparenta con l'idea della vita e della nascita, la chiusura definitiva allude alla fine della vita, alla morte di tutte le cose.
Negli esemplari qui mostrati il tema è, tranne che nell'ultimo in basso, quello della tartaruga: di acqua o di terra, la tartaruga nelle serrature Dogon è caratterizzata dal motivo a losanghe sulla superficie del corpo della serratura a rappresentare le scaglie della corazza e dalla testa allungata; è dotata o meno di coda. Nell'ultimo esemplare, invece, l'animale evocato è un uccello, antropomorfizzato dalla presenza delle due gambe.
Le patine delle serrature, a prescindere dalla loro antichità, dipendono soprattutto dalla posizione in cui erano esposte, se colpite più o meno dalle intemperie, e molte di queste hanno patine secche e disidratate; elemento indicatore per capire il loro uso effettivo sono i punti sottoposti a frizione o a sfregamento, che per gli esemplari autentici ed effettivamente usati devono essere usurati in modo caratteristico.
Bibliografia:
1) Serrures du pays Dogon
Alain Bilot, Michel Bohbot, Genevieve Calame-Griaule, Francine NDiaye
Adam Biro ed., Paris, 2003
2) Dogon mais encore...
AA.VV. - Somogy ed., Paris, 2002

domenica 24 maggio 2009

Rotolo magico etiope











Un pregiudizio abbastanza comune, a riguardo delle arti dell'Africa non mediterranea, è che queste siano prive di manifestazioni estetiche "pittoriche". Questo assunto è smentito non solo dalle testimonianze archeologiche rupestri o dalle immagini che, ad esempio, si trovano presso i Dogon, ma anche e soprattutto dall'uso del colore, anticamente solo in pigmenti naturali e - dopo la colonizzazione bianca - specialmente con l'impiego delle vernici industriali, che molte popolazioni africane aggiungono ai pezzi tradizionali, in modo particolare alle maschere.
Un capitolo a parte sono quelle manifestazioni artistiche collegate con le due grandi religioni monoteiste che hanno avuto nel corse dei secoli diffusione in Africa: da un lato gli amuleti islamici, che spesso entrano anche nella "composizione" dei pezzi tradizionali (basti pensare a certe maschere Sowei della società femminile Bundu o a certi Ibeji Yoruba), con tutto il loro apparato di ornamentazione geometrica e di calligrafia; dall'altro lato il cristianesimo copto di Etiopia, con le croci processionali o pendenti di ferro o bronzo, e i crocifissi dei Kongo, alcuni anche molto antichi.
Proprio nell'ambito delle opere religiose etiopi si può trovare infatti una delle manifestazioni artistiche più pittoriche, nel senso occidentale del termine, di tutte le arti africane: le icone su legno e i rotoli "magici".
In particolare questi ultimi ricoprono, a mio parere, un grande interesse in quanto accoppiano il mondo religioso cristiano alle credenze apotropaiche animiste, tipiche delle culture dell'Africa "nera", e si manifestano quindi come un singolare punto di incontro sincretico che trova un suo analogo forse solo con il vodoo d'oltremare, versione Santeria.
Si tratta di rotoli di pergamena, a volte anche piuttosto lunghi, utilizzati a scopo protettivo contro le malattie o le possessioni demoniache; oltre a preghiere scritte essi contengono figure dipinte a colori vivaci che rappresentano sempre - o quasi - un angelo protettore, normalmente situato in apertura di rotolo, e altre figure tra cui raffigurazioni di demoni e, soprattutto, le figure talismaniche in cui un volto umano è racchiuso da figurazioni a stella o a combinazioni di quadrati, in cui spesso ricorre la simbologia dell'occhio che tutto vede.
Queste ultime figure sono, o meglio possono essere, tanto rappresentazioni dei demoni responsabili delle malattie da allontanare neutralizzati dal talismano quanto rappresentazioni dei malati protetti dal talismano stesso o, anche, sono al tempo stesso figure angeliche o divine.
I rotoli, contenuti in tasche o piccole borse di cuoio, erano appesi al collo e utilizzati soprattutto dalle donne.
Questo esemplare che possiedo è lungo 170 cm x 20 di larghezza e, dopo il canonico angelo, vede altre tre figure: due talismaniche e una che raffigura un sovrano.
Bibliografia:
1) Dérulement de l'ange. Rouleaux magiques éthiopien - I
Constantin Kaiteris - L'archange Minotaure - Chemin des Puits (FR), 2005
2) Enchantement du démon. Rouleaux magiques éthiopien - II
Constantin Kaiteris - L'archange Minotaure - Chemin des Puits (FR), 2006

martedì 28 aprile 2009

Akan "Soul washer's badge"




Questo oggetto, 10 cm. di diametro in bronzo placcato d'oro, appartiene all'ambito delle "arti di corte"; è cioè un pezzo pensato e voluto per una funzione sociale connessa alla gestione del potere in una istituzione riconosciuta di tipo monarchico. Per questo è visibilmente lontano dalla stilizzazione che, in forme diverse, caratterizza spesso le arti tradizionali tribali africane ed è più diretto verso una raffinatezza ed una preziosità di esecuzione che si avvicina di più alla concezione occidentale delle arti ornamentali.
Questo tipo di oggetto, portato in origine solo dai sovrani Akan del Ghana e dai notabili più importanti della corte (i portatori delle spade - simbolo di autorità, i portatori delle staffe "dei linguisti" e i guerrieri più alti in grado), è stato in seguito portato come pendente "porta fortuna" anche dalle ragazze in pubertà durante i riti di iniziazione alla vita adulta. I re Akan, inoltre, li fanno portare anche da una sorta di guardie del corpo, veri e propri doppioni del sovrano scelti tra i nati lo stesso giorno della settimana in cui è nato il re, che presenziano alle più importanti cerimonie stando di fronte al re stesso, costituendo così una specie di scudo simbolico; questi cerimonieri sono detti akrafo ("anime" o "lavatori di anime", in inglese "Soul Washers") e sono i simboli viventi della vitalità e del destino del re: assaggiano i pasti del sovrano prima di lui per assicurarsi che sia sicuro e, quando il re muore, sono obbligati ad accompagnarlo alla tomba.
Frequentemente questi pendenti sono in oro massiccio e il fatto che questo, pure di buona fattura e di buona antichità, sia di bronzo dorato fa propendere per una origine di meno rilevante nobiltà e, probabilmente, appartiene al tipo usato dalle ragazze in via di iniziazione.
Proviene dal collezionista e studioso tedesco Wilfried Glar.
Bibliografia:
1) The arts of Ghana
Herbert M. Cole - Doran H. Ross - UCLA, San Francisco, 1977
2) The Royal Arts of Africa. The majesty of form.
Suzanne Preston Blier - Prentice Hall, NJ (USA), 1998
3) Religion and Art in Ashanti
Robert Sutherland Rattray - London, 1927 (repr. 1959)




martedì 7 aprile 2009

Gurma - bracciali in bronzo


I Gurma, anche detti in area di lingua francese Gourmantche, sono una popolazione imparentata linguisticamente con i più noti Mossi e vivono nella zona nordorientale del Burkina Faso. Tra i pezzi più frequentemente reperiti tra la produzione artistica di questo popolo ci sono certamente i grossi ed elaborati bracciali in bronzo o leghe simili.
Oggetti ornamentali ma anche carichi di un valore di scambio, i bracciali Gurma recano incisi motivi grafici che richiamano le linee utilizzate in occasione dei rituali di divinazione e, quindi, sono dotati anche di valenza simbolico-magica.







Dall'alto verso il basso il primo bracciale evoca la simbologia del serpente (è uno "snake-bracelet") e, in questa tipologia risulta abbastanza raro. Il secondo, anch'esso non comune nel tipo, è invece del genere a doppia fusione, con una lega di bronzo a più e a meno alta percentuale di rame e, pertanto, con una colorazione più tendente al giallo o più rossiccia a seconda delle aree interessate; a detta dell'esperto Wilfried Glar (comunicazione personale), questa non semplice tecnica è rimasta in uso presso pochi artigiani solo fino alla prima metà del 20° secolo. Anche per questo secondo pezzo la simbologia evocata è quella del serpente. I successivi due bracciali vedono tipologie più comuni, pur essendo gli oggetti di qualità più che discreta: il secondo dei due è del tipo "a nodi", segnalato anche dal Blandin nel suo testo, e il primo "brilla" di lucentezza quasi aurea.











Gli ultimi due bracciali presentati sono i più pesanti e voluminosi: il primo viene dai Gurma mentre il secondo (di colorazione più chiara e aperto) è probabilmente di fattura Fulani, una etnia che confina con i Gurma a nord del Burkina.
I cinque bracciali Gurma provengono da Wilfried Glar mentre quello Fulani da Klaus-Jochen Kruger.
Bibliografia:
oltre ai testi già segnalati per gli oggetti in bronzo
1) Afrikanische Reife. Teil 5: Die Gurma
Wilfried Glar - Glar, Bedburg, 2007

lunedì 6 aprile 2009

Senufo (e popolazioni limitrofe) - pendenti in bronzo antropomorfi

Questi piccoli pendenti in bronzo provengono principalmente dai Senufo, nota popolazione che abita la zona tra Costa d'Avorio, Mali e Burkina Faso, ma anche - come è stato solo di recente scoperto - da numerose piccole etnie dell'area sudoccidentale del Burkina Faso (Turka, Guin, Tusyan e Karaboro), alcune imparentate con i Senufo stessi (come i Karaboro) e altre di ceppo voltaico.











Di piccole dimensioni, i cinque esemplari che presento in questa occasione variano da 2,5 cm a poco meno di 6 cm, questi oggetti venivano appesi al collo, al braccio o alla cintura con una cordicella di cuoio passante tra le braccia e il busto della figura rappresentata ed erano portati soprattutto da donne e bambini a scopo protettivo. Le figure raffigurate sono spiriti della brousse, geni della foresta da esorcizzare e/o di cui attattivarsi le simpatie.
I primi due dall'alto, di qualità superba, provengono dalla collezione americana di William Kohler e sono passati in asta da Christie's a New York il 20 novembre 1997.
Il terzo, dalle forme molto "ammorbidite" e rese lisce da lunghi anni di uso, proviene dalla collezione Endicott; anche questo, come tutti i precedenti, è di produzione Senufo ed è stato da me acquistato dalla galleria di Craig De Lora.
I due successivi, molto piccoli e sicuramente destinati a bambini, sono molto antichi, probabilmente del 19°secolo e anche questi vengono dalla galleria De Lora.
Quello successivo invece dovrebbe provenire dall'etnia Tusyan ed è stato acquisito dal collezionista ed esperto tedesco Wilfried Glar.
L'ultimo della serie è, forse, Guin e l'ho avuto dal collezionista ed esperto tedesco Klaus-Jochen Kruger.

Bibliografia:
oltre ai testi sugli oggetti in bronzo già segnalati si aggiunge in questo caso
1) Glanzend wie Gold
Till Forster - Museum fur Wolkerkunde, Berlin, 1987
2) Die Kunst der Senufo
Till Forster - Museum Rietberg, Zurich, 1988
3) Soothsayer bronzes of the Senufo
Eric de Kolb - Gallery d'Hautbarr, New York, 1968


domenica 29 marzo 2009

Kulango - pendente in bronzo da divinazione


I Kulango sono una piccola popolazione, imparentata etnicamente e linguisticamente con i Lobi e gli ancor meno numerosi Lorhon, che risiede nella zona nord della Costa d'Avorio, a sud dell'area abitata - appunto - dai Lobi e a sinistra dell'area in cui vivono gli Abron del Ghana (e in alcuni testi, vedi il Blandin, la loro produzione è apparentata, se non direttamente attribuita, per appunto agli Abron).
Tra gli oggetti di questo gruppo etnico - oggi più comunemente considerato a livello di testi di etnoantropologia come Kulango-Lorhon - quelli senza dubbio più più noti sono dei piccoli bronzetti, che raffigurano una figura antropomorfa stilizzata con il viso tipicamente triangolare, il busto inclinato e le gambe piegate al ginocchio, i piedi raffigurati con superfici piatte verticali.
Come in molti altri oggetti analoghi della stessa area geografica, il loro scopo è principalmente legato alla protezione personale di chi porta addosso l' "amuleto" contro le negatività e la sfortuna e, soprattutto, sono utilizzati in occasione dei rituali divinatori.
Questo straordinario esemplare, molto vecchio, eroso e patinato, dalla faccia da insetto mostruoso, proviene dalla collezione di Jean e Noble Endicott e io l'ho acquistato dalla galleria di Craig De Lora (NJ). E' alto appena 3,5 cm. ma la sua "presenza" lo fa apparire in foto molto più grosso, anche se manca in questo caso la superfice triangolare piatta che normalmente identifica i piedi di queste figure.


Bibliografia:
1) Erde und Erz. 2500 Jahre Afrikanische Kunst aus Terracotta und Metall
Karl-Ferdinand Schaedler - Panterra Verlag, Munchen, 1997
2) Bronzes et autres alliages. Afrique de l'Ouest
Andre Blandin - Marignane (FR), 1988
3) Die materialisierte Kultur der Ethnien der Volta-Region
Wilfried Glar - Glar, Bedburg (DE), 2006
4) Cire-perdue. Geheimnis und Faszination des westafrikanischen Gelbgusses
Johannes Glaser - Glaser, (DE), 2005

martedì 24 marzo 2009

Dogon - pendenti in bronzo














Questi due piccoli pendenti, tra i 3 e i 4 cm., di bronzo appartengono alla etnia Dogon del Mali. Sono molto probabilmente (Nesmith, 1979 e Blandin, 1988) semplici oggetti ornamentali, portati dalle donne e dai bambini.
Provengono dal collezionista ed esperto tedesco Wilfried Glar.


Bibliografia:
1) Dogon bronzes
Fischer H. Nesmith - in African Arts, febbraio 1979

2) Bronzes et autres alliages. Afrique de l'Ouest
Andre Blandin - Marignane (FR), 1988

3)Die materialisierte Kultur der Ethnien der Volta-Region
Wilfried Glar - Glar, Bedburg, 2006

Akan - pettini




Molto semplici, ornati con una semplice decorazione a intaglio geometrico, questi pettini Akan sono però dotati di una ottima patina d'uso, il legno è duro come metallo e la loro autenticità non può essere messa in dubbio. Sono alti rispettivamente 9, 15 e 17 cm.
Provengono dalla collezione tedesca di Thomas Waigel.


lunedì 23 marzo 2009

Songye - figura "di potere" miniatura







Il terzo oggetto della tipologia "feticcio" che presento è anche quello più qualitativamente significativo, nonostante le sue microscopiche dimensioni, appena 12 cm di altezza; infatti l'abilità dello scultore è riuscita a rendere in una miniatura tutta la "presenza" e la monumentalità di una statua molto più grossa e, solo a guardare le foto, sarebbe impossibile dire a prima vista le reali dimensioni di questo formidabile pezzo.
Seguendo la individuazione dei centri di stile delle sotto-etnie Songye proposta dal Neyt nella sua recente opera, ormai punto assoluto di riferimento per l'indagine estetica sulla produzione di questa popolazione, le caratteristiche morfologiche e stilistiche di questa statuetta permettono di attribuirla a un importante atelier della "prima tradizione occidentale" (regione dei Belande).

Anche questo acquistato dalla galleria Craig De Lora Tribal arts, proviene da una delle più importanti collezioni americane degli ultimi decenni, quella di William Brill ed è stato recentemente esitato all'asta Sotheby's di New York del 17 novembre 2006 (lotto 117b).

Bibliografia sulle miniature:
1) Sculptures miniatures de l'Afrique Noire. Collection Rees Diepen
François Neyt - Uitgave Rees Diepen, Tilburg, 1990
2) Miniature Wood Carvings of Africa
William Fagg - New York Graphic Society, Adams and Dart, New York, 1970

Songye - figura "di potere"


Questo altro piccolo feticcio, alto 18 cm, è più grezzo rispetto al precedente e il venditore da cui l'ho acquistato, il gallerista americano Craig De Lora, ipotizza che potesse essere una figura "accessoria" appesa ad una statua di più grandi dimensioni. Comunque la tipologia del volto è senza dubbio Songye e assomiglia molto - anche se ad un livello qualitativo molto più basso - ad un analogo oggetto recentemente battuto in asta a Parigi (Sotheby's, 23 giugno 2006, Dintenfass collection, lot, 43). La patina, sviluppata sul legno rossastro, è abbastanza buona e l'oggetto, pur non essendo certo un capolavoro del genere, è abbastanza soddisfacente. prima di De Lora, proviene dalla galleria americana di Charles Jones.