domenica 29 marzo 2009

Kulango - pendente in bronzo da divinazione


I Kulango sono una piccola popolazione, imparentata etnicamente e linguisticamente con i Lobi e gli ancor meno numerosi Lorhon, che risiede nella zona nord della Costa d'Avorio, a sud dell'area abitata - appunto - dai Lobi e a sinistra dell'area in cui vivono gli Abron del Ghana (e in alcuni testi, vedi il Blandin, la loro produzione è apparentata, se non direttamente attribuita, per appunto agli Abron).
Tra gli oggetti di questo gruppo etnico - oggi più comunemente considerato a livello di testi di etnoantropologia come Kulango-Lorhon - quelli senza dubbio più più noti sono dei piccoli bronzetti, che raffigurano una figura antropomorfa stilizzata con il viso tipicamente triangolare, il busto inclinato e le gambe piegate al ginocchio, i piedi raffigurati con superfici piatte verticali.
Come in molti altri oggetti analoghi della stessa area geografica, il loro scopo è principalmente legato alla protezione personale di chi porta addosso l' "amuleto" contro le negatività e la sfortuna e, soprattutto, sono utilizzati in occasione dei rituali divinatori.
Questo straordinario esemplare, molto vecchio, eroso e patinato, dalla faccia da insetto mostruoso, proviene dalla collezione di Jean e Noble Endicott e io l'ho acquistato dalla galleria di Craig De Lora (NJ). E' alto appena 3,5 cm. ma la sua "presenza" lo fa apparire in foto molto più grosso, anche se manca in questo caso la superfice triangolare piatta che normalmente identifica i piedi di queste figure.


Bibliografia:
1) Erde und Erz. 2500 Jahre Afrikanische Kunst aus Terracotta und Metall
Karl-Ferdinand Schaedler - Panterra Verlag, Munchen, 1997
2) Bronzes et autres alliages. Afrique de l'Ouest
Andre Blandin - Marignane (FR), 1988
3) Die materialisierte Kultur der Ethnien der Volta-Region
Wilfried Glar - Glar, Bedburg (DE), 2006
4) Cire-perdue. Geheimnis und Faszination des westafrikanischen Gelbgusses
Johannes Glaser - Glaser, (DE), 2005

martedì 24 marzo 2009

Dogon - pendenti in bronzo














Questi due piccoli pendenti, tra i 3 e i 4 cm., di bronzo appartengono alla etnia Dogon del Mali. Sono molto probabilmente (Nesmith, 1979 e Blandin, 1988) semplici oggetti ornamentali, portati dalle donne e dai bambini.
Provengono dal collezionista ed esperto tedesco Wilfried Glar.


Bibliografia:
1) Dogon bronzes
Fischer H. Nesmith - in African Arts, febbraio 1979

2) Bronzes et autres alliages. Afrique de l'Ouest
Andre Blandin - Marignane (FR), 1988

3)Die materialisierte Kultur der Ethnien der Volta-Region
Wilfried Glar - Glar, Bedburg, 2006

Akan - pettini




Molto semplici, ornati con una semplice decorazione a intaglio geometrico, questi pettini Akan sono però dotati di una ottima patina d'uso, il legno è duro come metallo e la loro autenticità non può essere messa in dubbio. Sono alti rispettivamente 9, 15 e 17 cm.
Provengono dalla collezione tedesca di Thomas Waigel.


lunedì 23 marzo 2009

Songye - figura "di potere" miniatura







Il terzo oggetto della tipologia "feticcio" che presento è anche quello più qualitativamente significativo, nonostante le sue microscopiche dimensioni, appena 12 cm di altezza; infatti l'abilità dello scultore è riuscita a rendere in una miniatura tutta la "presenza" e la monumentalità di una statua molto più grossa e, solo a guardare le foto, sarebbe impossibile dire a prima vista le reali dimensioni di questo formidabile pezzo.
Seguendo la individuazione dei centri di stile delle sotto-etnie Songye proposta dal Neyt nella sua recente opera, ormai punto assoluto di riferimento per l'indagine estetica sulla produzione di questa popolazione, le caratteristiche morfologiche e stilistiche di questa statuetta permettono di attribuirla a un importante atelier della "prima tradizione occidentale" (regione dei Belande).

Anche questo acquistato dalla galleria Craig De Lora Tribal arts, proviene da una delle più importanti collezioni americane degli ultimi decenni, quella di William Brill ed è stato recentemente esitato all'asta Sotheby's di New York del 17 novembre 2006 (lotto 117b).

Bibliografia sulle miniature:
1) Sculptures miniatures de l'Afrique Noire. Collection Rees Diepen
François Neyt - Uitgave Rees Diepen, Tilburg, 1990
2) Miniature Wood Carvings of Africa
William Fagg - New York Graphic Society, Adams and Dart, New York, 1970

Songye - figura "di potere"


Questo altro piccolo feticcio, alto 18 cm, è più grezzo rispetto al precedente e il venditore da cui l'ho acquistato, il gallerista americano Craig De Lora, ipotizza che potesse essere una figura "accessoria" appesa ad una statua di più grandi dimensioni. Comunque la tipologia del volto è senza dubbio Songye e assomiglia molto - anche se ad un livello qualitativo molto più basso - ad un analogo oggetto recentemente battuto in asta a Parigi (Sotheby's, 23 giugno 2006, Dintenfass collection, lot, 43). La patina, sviluppata sul legno rossastro, è abbastanza buona e l'oggetto, pur non essendo certo un capolavoro del genere, è abbastanza soddisfacente. prima di De Lora, proviene dalla galleria americana di Charles Jones.




Songye - figura "di potere"


I Songye, o Songe, sono una delle popolazioni più note dell'Africa centrale e le loro figure "di potere", un tempo dette "feticci", come anche le loro maschere kifwebe a strisce colorate sono tra gli oggetti più iconograficamente riconoscibili tra tutti quelli delle arti africane nel loro complesso. L'arte Songye è un'arte molto "forte", particolarmente espressiva, fatta di contrasti decisi che suscitano emozioni potenti: o piace moltissimo o non piace affatto, perché troppo coinvolgente o perché addirittura spaventa.

I feticci, come in tutta l'area congolese, sono "caricati" di valenza curativa o protettiva dalla presenza di una massa costituita da sostanze "magiche" presenti, nel caso delle figure "di potere" Songye nei corni di antilope inseriti in esse, in apposite cavità ricavate dal corpo della statua o in recipienti attaccati al corpo della figura stessa. In questo caso, come si vede, sono presenti un piccolo corno, ormai vuoto, sulla sommità della testa e un altro corno situato in una piccola borsa appesa al braccio della scultura, che risulta scolpita solo nella metà superiore del corpo. Le figure di potere Songye, a seconda delle dimensioni, ricoprono vari ruoli: dalle più grosse che proteggono l'intero villaggio a quelle alte pochi centimetri destinate alla personale protezione "magica" dei singoli individui. Questo esemplare di buona qualità, alto 16 cm. senza il corno, è ovviamente un feticcio personale e trasuda ancora una patina oleosa e lucida. E' stato battuto in asta il luglio 1991 a Londra presso Phillips e proviene dalla collezione di Umberto Giacomelli, da cui l'ho acquistato io.
Bibliografia:
1) La redoutable Statuaire Songye d'Afrique centrale
François Neyt - Fonds Mercator, Anvers - 5 Continents, Milano; 2004

2) Etudes Songye. Formes et symbolique. Essai d'analyse.
Jean Willy Mestach - Galerie Jahn, Munchen, 1985

3) L'intelligence des Formes
Jean Willy Mestach - Tribal arts S.P.R.L. Marc Leo Felix, Bruxelles, 2007

4) Emil Torday and the Art of the Congo. 1900-1909
John Mack - The Trustee of the British Museum, London, 1990

Akan - tazza in bronzo con manico




Presso gli Akan, il gruppo etnico più importante e numeroso in Ghana, sono particolarmente significativi gli oggetti in bronzo adibiti al maneggio della polvere d'oro, materia prima relativamente "comune" nella ex "Costa d'Oro" ricchissima di minere del metallo prezioso. Recipienti chiusi da coperchi decorati, detti Kuduo se forgiati o Forowa se costruiti con una lamina ribattuta, come anche cucchiai riccamente ornati sono oggetti di prestigio e carichi di una indubbia valenza estetica.
Oltre, ovviamente, a quelli che sono forse i più famosi oggetti in bronzo del West Africa e cioè i "goldweights", piccole statuette figurative o a figure geometriche per pesare la polvere d'oro.

Quello che mostro in queste immagini non è né un cucchiaio, data la grossa capienza e la profondità dell'incavo, né un recipiente come i suddetti, ma si tratta di una specie di tazza, probabilmente connessa con usi rituali o comunque legati al commercio del metallo giallo.

All'aspetto appare abbastanza antica, forse risalente al 19°secolo, e le decorazioni sono raffinate e delicate, come il fiore ormai semi invisibile che è stato inciso sulla superfice inferiore esterna. E' un oggetto semplice ma, a mio parere, molto bello.

Proviene dalla collezione privata di un appassionato tedesco di oggetti in bronzo, il Dott. Topp, che la acquistò come Kuduo ma, non essendo convinto di questo, la sottopose al giudizio del famoso esperto Karl-Ferdinand Schaedler che la identificò come "tazza per speciali occasioni sacrali" e la apparentò con un esemplare analogo pubblicato sul suo volume Erde und Erz a pag. 173.

Io l'ho acquistata dal collezionista ed esperto tedesco Wilfried Glar, che l'acquistò a sua volta da Topp nei primi anni '80.

Among the Akan, the ethnic group most important in Ghana, there are particularly significant objects casted in bronze and used for the handling of gold dust, raw material relatively "common" in the former "Gold Coast" rich of mines of the precious metal. Containers closed by lids decorated, said Kuduo if forged or Forowa if built with a sheet riveted, as well as ornate spoons are prestigious objects and loads of remarkable beauty. In addition, of course, to those who are perhaps the most famous bronzes of West Africa, called "goldweights", small statues with human figures or geometric figures for weighing gold dust. The item showed in these images is neither a spoon, given the large capacity and the depth of the recess, or a container like the above mentioned, but it is a kind of vessel, probably connected with ritual use or in any case related to trade of yellow metal. Appearance looks quite old, perhaps dating back to the 19th century, and the decorations are refined and delicate as flower seeds now near-invisible which was engraved on the lower outer surface. It 'a simple object but, in my opinion, very nice. It comes from the private collection of a German collector of bronze objects, Dr. Topp, who bought it as Kuduo but, not being confident of this, submitted it to the judgment of the famous expert Karl-Ferdinand Schaedler who identified it as a "cup for special sacred occasions "and told it was similar to a specimen published on his volume Erde und Erz page. 173. I've purchased the vessel from the German collector and expert Wilfried Glar, who bought it from Topp in the early 80s.

Bibliografia:
1) The arts of Ghana
Herbert M. Cole - Doran H. Ross - UCLA, Los Angeles, 1977
2) Erde und Erz. 2500 Jahre Afrikanische Kunst aus Terrakotta und Metall
Karl-Ferdinand Schaedler - Panterra Verlag, Munchen, 1997
3) The art of metal in Africa
Marie-Therèse Brincard - The african - american institute, New York, 1982
4) Bronzes et autres alliages. Afrique de l'Ouest
Andre Blandin - Marignane (FR), 1988

Bamana - serratura antropo-zoomorfa


Tra le popolazioni dell'ex Western Sudan, oggi diviso tra Mali, Costa d'Avorio e Burkina Faso, particolare interesse suscitano le serrature scolpite in legno, utilizzate per chiudere le porte o le finestre di granai o di abitazioni. Le più famose sono quelle dei Dogon e dei Bamana (anche appellati Bambara sui vecchi testi): rappresentano figure antropomorfe o zoomorfe con significati simbolici che esulano dalla semplice "cultura materiale" per arrivare in alcuni casi alla vera e propria arte. Questo bell'esempio è dei Bamana e rappresenta una figura umana molto stilizzata, dotata solo degli arti inferiori in quanto gli arti superiori sono simboleggiati dal chiavistello qui mancante, con la testa caratterizzata dalle orecchie da animale, forse una iena.

L'oggetto si presenta dotato di una patina molto buona, segno di evidente età, e la costruzione della base rivela una origine francese. E' alto 43 cm., base compresa. Io l'ho acquistato dalla galleria statunitense di Craig De Lora e, in precedenza, apparteneva alla collezione Endicott. La sua qualità mi sembra complessivamente molto buona.

Bibliografia:
1) Bamana. The art of existence in Mali
Jean-Paul Colleyn - Museum for African art, New York- Museum Rietberg, Zurich - Snoek-Ducaju & Zoon, Gent; 2001
2) Bamanaya. Un'arte di vivere in Mali
Jean-Paul Colleyn - Catherine De Clippel - Centro Studi Archeologia Africana, Milano, 1998

Questa serratura appartiene ora alla collezione del Museo d'Arte Cinese ed Etnografico di Parma.

Ada - figure

Come gli Ibeji qualche decennio fa e come i Venavi fino a pochissmo tempo fa, questa tipologia di oggetti sono tuttora considerati praticamente al di fuori dell'ambito "estetico" delle arti africane, perlomeno per quanto riguarda la loro "istituzionalizzazione" nei musei e nelle collezioni occidentali. Molto comuni nei villaggi della zona di confine tra Togo e Ghana, queste piccole statuette sono state attribuite prima ai Konkomba e ora più frequentemente agli Ada, o Adan; poche sono le referenze sui testi di arte o di antropologia ma è in corso di preparazione una esposizione, con relativa pubblicazione dedicata espressamente alla produzione della Volta Region (popolazioni Ada, Ewe-Anlo, Krobo e Ningo) ad opera del Centro di Archeologia Africana di Milano, che si spera contribuisca in modo significativo a rendere più chiare le cose.
Per ora i pochissimi testi che citano queste statuette ne danno notizie confuse e contraddittorie. La prima citazione è nel testo African sculpture di Ladislas Segy (1958) in cui due statuette di questo tipo sono date come provenienza "Region of Black Volta": il tipo con il volto a badile e senza un braccio (che io non posseggo) viene detto rappresentare uno spirito maligno, Ariza; mentre la tipologia con un braccio alzato a sorreggere un recipiente tenuto sopra la testa (tra le mie statuette è quella di colore rosso) viene detto rappresentare lo spirito delle acque, Arbor. Il catalogo delle collezioni dell'Afrika Museum di Berg en Dal, Forms of Wonderment, invece li attribuisce ai Konkomba, seguendo due articoli di antropologia tedesca (Froelich 1963a e Hanh 1991), ma non ne riesce a spiegare la funzione e il significato.
Sulla rivista tedesca di antropologia Tribus (Nr.18, Agosto 1969) Dzaghe Cudjoe nell'articolo "Ewe Sculpture in the Linden-Museum" ne descrive due esemplari (il primo dei quali del tipo a braccio alzato con il recipiente sulla testa e il secondo simile al secondo da sinistra nella foto che presento qui) chiamandoli "Aklama figures"; ricorda che la catalogazione originale del museo tedesco li descrive come "idoli familiari dall'area vicino Keta". Ricordiamo che Keta è un villaggio sulla costa marittima del Ghana molto vicino al confine con il Togo, a pochi chilometri da Lomé.
Non essendo apparsi in altri studi specializzati e non apparendo alle aste internazionali, che in un certo modo "istituzionalizzano" lo status di un oggetto, il fatto che oggi queste statuette siano pressoché univocamente appellate come Ada resta quindi un piccolo mistero.
Come molti oggetti analoghi - i già ricordati Venavi ad esempio - del resto la loro qualità media è piuttosto bassa e non è facile reperire pezzi antichi, anche perché sono scolpiti in legni molto leggeri e di poca longevità. L'interesse si trova nelle linee e nei volumi estremamente stilizzati e geometrici, nella policromia ottenuta con legni di diversa colorazione e con pigmenti vari, principalmente rosso, nero e bianco applicati a strisce e nella resa "piatta", quasi bidimensionale del corpo umano o animale.
I cinque esemplari che mostro in questa foto sono alti da 15 a 23 cm. e, a parte il secondo da sinistra che mostra qualche segno di vetustà, appaiono abbastanza recenti di produzione.
Bibliografia:
1) African sculpture
Ladislas Segy - Dover publications, New York, 1958
2) Forms of Wonderment. The History and collections of the Afrika Museum Berg en Dal. Vol.1
AA.VV. - Afrika Museum, Berg en Dal, 2002
3)Ewe Sculpture in the Linden-Museum
Dzaghe Cudjoe in Tribus - Veroffentlichungen des Linden-Museums; Nr.18, August 1969, Stuttgard, 1969

giovedì 19 marzo 2009

Luba - "doll"


Tra i tanti tipi di "dolls" presenti nelle varie zone stilistiche delle arti africane, una tipologia meno nota di altre è questa, proveniente dai Luba della zona interna del Congo. Un tempo impropriamente chiamate anche "figure di gemelli" a somiglianza delle omonime figure del west Africa, queste "bambole" Luba sono ora chiaramente identificate come figure protettive che le ragazze / bambine Luba tengono in cura durante il periodo di isolamento dal gruppo sociale nel periodo dell'iniziazione alla vita adulta.
L'errore, evidenziato tra gli altri anche dal noto studioso dell'area in questione Marc Leo Felix (comunicazione personale, 04-01-2007), risale probabilmente ad una erronea interpretazione delle similari "dolls" dei Tabwa ad opera degli studiosi che hanno curato il famoso catalogo di esposizione su quella popolazione allo Smithsonian nel 1986.
Comunque è evidente, a partire dalla configurazione tronco conico-cilindrica della figura umana rappresentata, la parentela di queste figure Luba e Tabwa con le più famose "bamboline" Zaramo e Kwere della Tanzania, non poi così lontane anche geograficamente. E' un esempio particolarmente evidente di come un certo tipo di estetica africana giunga ad un livello veramente estremo di stilizzazione della figura umana, ridotta in questo caso a semplici solidi geometrici sovrapposti.

Mambila - figura di protezione







L'arte che proviene dall'area stilistica situata al confine tra la Nigeria nord orientale e il cameroon nord occidentale vede oggetti, maschere e soprattutto statue, particolarmente potenti nelle risoluzioni volumetriche a volte comparabili con il cubismo e altre volte con l'espressionismo più spinto, anche se è ovvio che queste categorie pensate per l'arte europea siano del tutto insufficienti e comunque inadeguate per descrivere l'alterità di questa produzione artistica. Una delle etnie più conosciute di questa zona sono i Mambila (o Mambilla), famosi soprattutto per le caratteristiche maschere zoomorfe che riproducono, con fattezze in verità assai simili, il corvo e il cane, e per le figure antropormorfe di antenati molto stilizzate, realizzate in legno pieno ma anche nel più tenero midollo.
L'oggetto qui presentato ha l'aspetto di una delle maschere suddette, per la precisione quella con la testa di corvo (il cane ha i denti...), ma non è una vera e propria maschera e le sue dimensioni, meno di 12 cm di lunghezza, lo proclamano chiaramente. Si tratta invece della parte terminale in legno di un oggetto "serpente" utilizzato come strumento di protezione contro attacchi soprannaturali, la cui coda - qui ridotta a pochi centimetri - era composta di un tubo di tessuto imbottito probabilmente da sostanze "magiche".
La colorazione, in pigmenti naturali, riprende il classico cromatismo degli oggetti Mambila: rosso e nero, in questo caso, a cui potrebbe aggiungersi anche il bianco, qui non presente.
Di un pezzo simile della collezione Hecht questo scrivevano nel 2002 su African Arts Roy Sieber e Barry Hecht: "[...] questa scultura potrebbe essere la 'testa' di una figura di protezione. La estesa struttura tubulare sul retro potrebbe essere stata connessa a un lungo tubo di fibre, come illustrato da Nancy Schwartz nel suo catalogo della collezione di Gilbert Schneider di arte Mambila (1972: 31). Queste figure con il loro corpo di stoffa a forma di serpente sono strumenti di protezione e si trovano nell'edificio, che è eretto su pali, adibito a locale di immagazzinamento degli oggetti rituali. Sospeso con cordicelle, lo sventolavano nell'aria. Come la maggior parte dell'arte Mambila è dipinto con i colori rosso, bianco e nero."
L'oggetto attualmente nella mia collezione è stato venduto nei primi anni '90 dal gallerista newyorkese Sulaiman Diane alla Collezione Jean and Noble Endicott e, in seguito, è approdato alla galleria di Craig De Lora (New Jersey) da cui l'ho recentemente acquistato io.
Bibliografia:
1) African art in the Mambila collection of Gilbert D. Schneider
Gilbert D. Schneider - James Yingpeh Tong (photos) - Publ. James Yingpeh Tong, Athens (USA), 1967
2) Mambilla. Art and material culture
Nancy Beth A. Schwartz - Milwaukee public museum / Publications in Primitive art, Milwaukee (USA), 1972
3) Art of Cameroon
Paul Gebauer - Portland art Museum, Portland (USA), 1979
4) Expressions of Cameroon art. The Franklin Collection.
Tamara Northern - Rembrandt press, Los Angeles - Baltimore - Hanover (USA), 1986
5) Eastern Nigerian art from the Toby and Barry Hecht collection
Roy Sieber, Barry Hecht - in African Arts, Spring 2002, UCLA
6) Mambila Figurines and Masquerades: problems of Interpretations
David Zeitlyn - in African Arts, Autumn 1994, UCLA
7) L'age, le pouvoir et la retorique. Le cas des Mambila au Cameroun
David Zeitlyn - in Peuples et cultures de l'Adamaoua (Cameroun), Paris, ORSTOM, 1993
8) Mambila Avatars and the Ancestor Cult: Problems of History and Interpretations
David Zeitlyn - e-book (http://www.era.anthropology.ac.uk/Era_Resources/Era/Ancestors/dzanc.html), University of Kent, 2001/2007
9) Tribal Studies in Northern Nigeria. Vol. 1
Charles K. Meek - London, Kegan Paul, Trench, Trubner & Co.Ltd., 1931