giovedì 10 luglio 2014

La patine degli oggetti d'avorio Lega e un'inedita metodologia di tintura nera

Un amico mi ha chiesto di fare una piccola ricerca sulle patine degli oggetti d'avorio Lega, in particolare per sapere come vengono ottenute le colorazioni e specialmente quelle più scure, che arrivano al nero con riflessi porpora.
Ricerca fatta: i due testi più vecchi che parlano dei Lega, il Delhaise e il De Kun, non si esprimono sulle problematiche delle patine degli avori; Biebuyck ne parla estensivamente nei suoi due testi scientifici più vecchi e importanti e, sostanzialmente, tutti gli altri autori, dalla Cameron a Neyt, ripetono quello che ha scritto Biebuyck. Addirittura Kellim Brown e De Grunne sui due volumi del Felix dedicati agli avori Lega citano Biebuyck parola per parola. Riporto la scheda con tutte le corrette citazioni, senza riportare il copia e incolla sui due libri di Felix.
Sostanzialmente le informazioni desunte da Biebuyck sono che le colorazioni molto varie degli avori Lega sono date dallo sfregamento, ripetuto per molti anni, degli oggetti stessi con olio di palma addizionato di polvere rossa (la nkula, o tukula) vegetale, argilla rossa o,per i colori più scuri, polvere di carbone vegetale, cenere e succhi di bacche simili ai frutti della vite o sostanze vegetali di altra natura.
Padre Tam aggiunge, però una notizia molto significativa, finora assolutamente inedita, che metto alla fine della scheda stessa. Notizia ancora più degna di nota perché sperimentata da Tam direttamente e in prima persona, come racconto.

Scheda sulle patine degli oggetti d'avorio Lega

Da 
Lega Culture – Art, Initiation and Moral Philosophy among a Central African People
Daniel Biebuyck, 1973

“La piccola figura d’avorio che esce dall’atelier dello scultore non è finita perché manca della patina lucida rossastra e giallastra che viene dall’uso. L’atto di consacrazione attraverso l’uso, e prolungati e ripetuti trattamenti con unguenti, danno agli oggetti d’arte la loro caratteristica finitura e ricca patina. Sono strofinati con una forma di olio di castoro (mombo) puro o mischiato a polvere rossa, e poi lucidati con foglie di lukenga e profumati con essenza di bulago. Questo procedimento è chiamato kubongia, che significa portare in armonia, realizzare l’unisono. Ancora una volta il termine di riferimento è il concetto di bello. Gli iniziati danno alle statuette lo stesso trattamento con olio, polvere e profumo che danno ai loro stessi corpi”. Pag. 179

“ I colori disponibili all’artista sono limitati: argilla bianca, polvere rossa di camwood o argilla rossa e nero realizzato con carbone dell’albero ombrello o succo delle viti kalisa e ikamba. La patine lucente e fine degli oggetti d’avorio, e anche di certi oggetti in legno, è ottenuta con il ripetuto procedimento di oliare l’oggetto, in accompagnamento ai riti e attraverso le generazioni. Queste patine straordinarie, che vanno dal rosso arancio al giallo chiaro e al miele, e anche dal marrone rossiccio fino al nero con riflessi porpora, danno una qualità distintiva e imparagonabile agli oggetti d’arte Lega. Ma sono opera degli utilizzatori, non degli artisti. L’oggetto non è finito e non ha rilievo sociale quando lascia l’atelier dell’artefice. La consacrazione attraverso l’uso ne fa un oggetto vitale e pieno di significato”. Pag. 229



da
The Arts of Zaire – vol.II - Eastern Zaire
Daniel Biebuyck, 1986

“Le superfici lisce delle zanne d’avorio sono rese più belle con la lucidatura e la aspersione con olio. Le zanne dell’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis) sono più scure di quelle dell’elefante di savana (Loxodonta africana). Quando l’avorio è fresco, i pori sono colmati con una sostanza oleosa che rende più facile l’esecuzione della scultura e rende più lucida la superficie naturale. L’avorio tende a diventare giallastro o marroncino quando è manipolato frequentemente o quando viene portato contro la pelle. Gli iniziati strofinano la loro pelle con olio mwambo, ikumu o kinkinda (gli ultimi due usati perlopiù sulla testa e sui capelli). Le donne preparano questi oli con certe noci, che seccano, polverizzano per schiacciamento, cuociono a vapore e impastano e possono mescolare con colorazioni rosse. Le differenti colorazioni rosse sono derivate da argilla mukusa, pietre kibonge e dall’albero nkula. Le donne mettono le pietre rosse rese potenti nei loro capelli; gli uomini le usano nelle loro barbe. I corpi sono ugualmente strofinati con i profumi bulago, prodotti combinando resine, foglie di makoma, corteccia di lungo e carbone dall’albero ombrello. Le sculture non sono solo manipolate dalle mani sudate e unte durante i riti; sono anche lucidate con gli stessi oli e profumi. Le misture possono essere scurite aggiungendo succhi di certe viti e alberi. Gli avori Lega quindi mostrano uno spettro incredibilmente ricco di patine che vanno dai colori del miele chiaro al marrone giallastro al rosso scuro e al rosso brunastro. Le statuette sono scolpite anche con osso d’elefante, soprattutto dalle parti spesse delle costole o dalle parti piatte delle giunture nelle articolazioni. Queste sculture hanno superfici porose che preservano il colore naturale grigio brunastro delle ossa disseccate. Le loro patine sono varie ma sono meno brillanti di quelle degli avori. Le statuette d’osso possono però essere così ben lucidate e ricoperte con oli e misture resinose che è difficile distinguerle da quelle di avorio”. Pag. 40


da
La Sculpture des Lega
Daniel Biebuyck, 1994

“Si può dire come regola generale che gli iniziati reagiscono in modo entusiasta a oggetti ben scolpiti, con una splendida patina e brillanti. Si ritrova questo gusto nel trattamento dei loro corpi in occasione dei rituali: i membri in effetti abbelliscono la loro pelle ungendola d’olio mescolato a polvere rossa e portano allora il nome di ‘gli unti’ (banamombo). Si comprende allora perché nei riti che comprendono opere d’arte si comincia con l’unzione delle sculture (kubonga masengo) al fine di ‘mettere in armonia questi pesanti oggetti sacri’: gli avori sono unti e le sculture in legno parzialmente ricoperte di uno strato di argilla fresca”. Pag. 45

“Queste piccole maschere in avorio sono unte prima di essere utilizzate nei riti principali e le loro patine vanno dal giallo a un rosso scuro, il colore essendo determinato dalla frequenza di utilizzo, il tipo di olio e di pigmenti implicati”. Pag. 49

“Tra le statuette d’avorio il colore varia da giallo chiaro al miele, fino al marrone, marrone rossastro, marrone grigio, marrone verde oliva e seppia. Le più belle hanno una superficie molto liscia e lucida con qua e là aree che presentano variazioni nell’intensità del colore, specialmente sulla schiena (spesso in seguito alla finitura con foglie leggermente rugose)”. Pag. 57


da
Les Lega et leur Art
Emile-Alexandre Georges, 2005

“L’avorio da eburneo è diventato aranciato, a volte brunastro secondo il suo contatto con l’olio di palma”. Pag. 186 



da
Art of the Lega
Elisabeth L. Cameron, 2001

“Così la liscia e brillante superficie di un oggetto corrisponde al raggiungimento di un alto livello del Bwami. Come il pezzo è strofinato fino a diventare liscio con impiego di tempo e di sforzo, così i membri del Bwami, attraverso molte iniziazioni, diventano persone sagge. La patina creata con il passare del tempo rappresenta la costruzione del potere in un oggetto iniziatico ben usato che è stato tramandato attraverso le generazioni. Prima delle iniziazioni i membri strofinano i loro oggetti con oli che sono spesso preparati con una polvere rossa, La manipolazione, lo strofinamento e l’unzione degli oggetti intende preparare gli oggetti stessi ai riti inizatici”. Pag. 66

da 
Lega - Ethics and Beauty in the Heart of Africa
Daniel Biebuyck, 2002

“Le loro più importanti sculture in avorio sono caratterizzate dalla bellezza unica delle loro patine lisce e brillanti, giallastre, color miele, rosso scuro e marrone, che hanno acquisito una finitura e lucentezza ancor più ricca per l’antichità e le costanti manipolazioni con oli, polvere di camwood (Baphia nitida, detta anche Sandalo africano), argille ocra, succhi di piante e cenere”. Pag. 58


da
Fleuve Congo
François Neyt, 2010

“Le prime statuette presentate mi sembrano tra le più antiche. L’avorio è a volte pietrificato dal tempo, a volte coperto da una patina di un bruno scuro, a volte di una tinta più chiara. Riflettono le più antiche tradizioni dei capi, ricoperti d’olio, di polvere rossa e di copricapi”. Pag. 95


da 
L’Art Africaine
Kerchache, Paudrat, Stephan, 1988

“Durante una nuova iniziazione, i grandi iniziati estraggono gli avori dai loro sacchi, li installano e li sfregano con l’olio che gli conferisce una bella patina calda e dorata”. Pag. 606



Informazione da Padre Andrea Tam:

Padre Tam, che ha vissuto per trenta anni in area Lega e Bembe, a fine anni settanta aveva impiantato a Shabunda un laboratorio di lavorazione dell’avorio per creare lavoro e, nel realizzare i pezzi degli scacchi occidentali, è venuto a saper da un Mwami uno dei metodi che loro utilizzavano per patinare di nero scuro un oggetto d’avorio: infatti oltre a utilizzare sfregamenti di olio con polvere di carbone e succhi vegetali (come attestato da Biebuyck), mettono a bagno l’oggetto per una notte in certi stagni paludosi, dove la mescolanza di determinati vegetali in putrefazione e, probabilmente, sostanze minerali disciolte nell’acqua fangosa rendono il pezzo colorato di un nero profondo anche nel breve spazio di una notte. Padre Tam ha personalmente sperimentato questo metodo, nello stagno più vicino a Shabunda, scelto a caso, realizzando una colorazione nera intensa che l’avorio con altri metodi non aveva mostrato.





Il racconto di Padre Tam mi ricordava qualcosa di vago, che non ho focalizzato subito ma che ora mi sono ricordato del tutto: mi sembra che il procedimento chimico che sta alla base della tintura degli oggetti d'avorio sia molto simile a quello che viene usato per tingere i tessuti Bogolanfini in Mali.
Riporto qui un estratto della spiegazione che viene data in 
Tessuti africani di John Gillow (2003, pag. 87 ed. italiana):

"Una delle più conosciute stoffe africane sono i bogolanfini, i cosiddetti tessuti 'disegnati dal fango' provenienti dal Mali. Realizzati dalle donne Bamana del nord di Bamako, questi tessuti sono decorati con disegni geometrici bianchi su sfondo nero. La tecnica è eseguita su tagli di cotone tessuti a strisce in zona, per confezionare camicie per i cacciatori e drappi femminili. La pezza è dapprima immersa in un pacciame composto di foglie di alberi che crescono nella regione, come l'Anogeissus leiocarpus (n'galama) e il Combretum glutinosus (n'tjankara), contenenti il mordente al tannino che tinge il tessuto di un denso colore giallo urina. Il contorno dei disegni è tracciato sul tessuto con il fango del fiume, ricco di sali ferrosi e precedentemente tenuto a riposo per un anno o più. La parte rimanente della stoffa viene accuratamente coperta di fango attorno alle linee dei decori, usando un coltello smussato, una spatola o uno spazzolino da denti. L'ossido di ferro contenuto nel fango reagisce con l'acido tannico di cui il tessuto è pregno e crea lo sfondo nero necessario a fare risaltare il disegno. Infine il fango viene lavato via, mentre le rimanenti zone gialle sono sbiancate con un composto di crusca di miglio, arachidi e soda caustica. L'intero processo deve essere ripetuto più volte in modo da ottenere una colorazione nera più intensa".

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